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Marketing

 

Conoscere il Neuromarketing in 8 step
in collaborazione con Ainem

Step 1: Gli inizi

Il neuromarketing è una disciplina relativamente recente. Il termine è stato coniato nel 2002 da Ale Smidts Direttore del RSM’s (Rotterdam School of Management) Erasmus Center for Neuroeconomics. Smidts definì la disciplina come l’insieme di tecniche di identificazione dei meccanismi cerebrali orientate ad una maggiore comprensione del comportamento del consumatore per l’elaborazione di più efficaci strategie di marketing.

In Italia è stato introdotto nel 2003 da alcuni pionieri, tra i quali Francesco Gallucci, e alcuni centri di ricerca universitari. Il neuromarketing è il punto di incontro tra le neuroscienze e il marketing. E deve molto alle conoscenze acquisite dalle neuroscienze sul funzionamento e sui processi decisionali del cervello, ma anche dai contributi di altre discipline contigue quali la neuroeconomia, la psicologia cognitiva o il design. Molti contributi scientifici si sono succeduti in questi anni arricchendo la disciplina di nuove conoscenze. Tra questi vi è il contributo di Gerald Zaltman riguardante l’importanza dell’attività inconscia della mente umana, anche se inconsapevole, nella determinazione delle nostre scelte. Il primo studio di neuromarketing di lunga durata e di grandi dimensioni, condotto contemporaneamente in cinque Paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Giappone e Cina) iniziò nel 2004 e terminò nel 2007 coinvolgendo 2081 volontari. A promuoverlo è stato Martin Lindstrom, esperto di branding internazionale, che si avvalse della metodologia fMRI (risonanza magnetica funzionale) per analizzare il cervello dei volontari e verificare come avrebbero reagito a specifici stimoli di marketing.

Step 2: La mente del mercato

La mente del mercato è il frutto dell’interazione tra i processi consci e inconsci dei consumatori e del marketing dell’azienda. Gli aspetti tipicamente inconsapevoli, come i valori della marca o la grande fiducia in un prodotto da parte del venditore influenzano in modo significativo l’atteggiamento e la persuasione del cliente verso l’acquisto.

Non si tratta soltanto degli aspetti intangibili della marca ma dell’insieme dei valori e delle esperienze che entrano in gioco quando il consumatore incontra il prodotto, la marca o l’azienda e si aspetta di trovare le risposte ai propri bisogni, anche e soprattutto quelli inespressi e latenti. In tale prospettiva il neuromarketing è una novità che offre nuove opportunità al marketing di comprendere da vicino, o meglio dall’interno, come pensa il consumatore, quali sono le emozioni che prova e trovare, alla fine della lettura, le corrispondenze migliori tra ciò che l’azienda vuole ottenere e ciò che il consumatore desidera in modo che entrambi siano alla fine pienamente soddisfatti. Il punto in cui avviene tale contatto cruciale è il momento in cui lo stimolo arriva al consumatore nelle molteplici forme che può assumere (pubblicità, prodotti, packaging, aromi, testi, loghi) e produce una risposta da parte del destinatario. Gli stimoli, definiti trigger, sono uno degli elementi fondamentali del neuromarketing, come vedremo in seguito, perchè se ben congegnati possono diventare fattori di innesco di vari meccanismi del cervello che a loro volta azionano comportamenti come ad esempio comprare un prodotto. E’ nel momento dell’innesco che si riassume oggi gran parte del successo o dell’insuccesso di una strategia di marketing. Stimolo e risposta, è la nuova equazione del neuromarketing in cui possiamo ritrovare condensati gran parte degli aspetti cruciali della relazione marca-cliente, con l’aggiunta di alcune variabili percettive, cognitive ed emozionali di cui solo il neuromarketing prende in considerazione gli effetti.

Step 3: Gli obiettivi e i campi di applicazione del neuromarketing

Gli obiettivi principali sono comprendere e analizzare le risposte cerebrali delle persone a stimoli di vario tipo (trigger) proposti dall’interazione con prodotti, brand, pubblicità, visual, concetti e parole chiave utilizzate nella comunicazione per migliorare le strategie di marketing, attraverso strumenti capaci di misurare i livelli di attivazione delle diverse aree cerebrali e verificare la pertinenza dei prototipi rispetto ai bisogni profondi dei consumatori. I campi di applicazione attualmente più fertili per il neuromarketing sono la pubblicità e il marketing, infatti è utilizzato ad esempio, per misurare l’efficacia emotiva e il grado di coinvolgimento di una pubblicità, per capire se la disposizione dei prodotti su uno scaffale funziona oppure per ottenere un design della confezione che attiri maggiormente l’attenzione e favorisca l’acquisto da parte del consumatore.

Step 4: I vantaggi del neuromarketing

I principali vantaggi sono la possibilità di arrivare a risposte scientifiche laddove le tecniche tradizionali di ricerca di mercato non riescono a giungere, misurando reazioni cognitive ed emozionali profonde del cervello, con la precisione dei dati rilevati e la possibilità di integrare informazioni ottenute da fonti diverse nella logica della tracciatura da sorgente unica (la persona).

In particolare, il neuromarketing supera alcuni problemi che le ricerche di mercato tradizionali hanno incontrato, come ad esempio la presenza di errori (bias) cognitivi, che possono alterare la nostra percezione della realtà influenzando, quindi, i nostri comportamenti, compresi quelli di decision making e di acquisto. Un fatto è certo, stiamo entrando rapidamente nell’era del neuromarketing. Come abbiamo visto il suo valore aggiuntivo rispetto alle ricerche tradizionali viene verificato ad ogni nuovo studio, anche se lo scopo del neuromarketing non è di sostituirsi ai metodi in uso semmai di completarli riducendo gli errori insiti nelle formulazioni questionari, nell’interpretazione spesso soggettiva dei risultati da parte dei ricercatori introducendo, allo stesso tempo, la capacità di misurare le reazioni cognitive e gli stati emozionali che le persone provano in corrispondenza di ogni singolo trigger sensoriale. Il contributo del neuromarketing al marketing può diventare notevole se consideriamo che quest’ultimo è oggi considerato prima di tutto la scienza della percezione che deve quindi tenere in gran conto il ruolo fondamentale delle emozioni nei processi decisionali. Per il marketing potrebbe essere fondamentale poter tracciare con misurazioni adeguate le dinamiche cognitive ed emozionali associate alle decisioni aumentando la propria conoscenza diretta di come funzionano il cervello e l’intelligenza umana.

Step 5: Cos’è la percezione visiva

È un’attività che obbliga il nostro cervello a uno sforzo di analisi e riconoscimento degli stimoli (trigger), di comprensione degli oggetti e di controllo di ciascuna fase della miriade di interazioni stimolo-risposta in cui siamo continuamente coinvolti e che ci obbligano ad essere attenti – e qualche volta molto partecipi – all’azione che stiamo compiendo.
Ciò che vediamo fa riferimento a due principali aggregati: lo spazio e gli oggetti. Entrambi assorbono la nostra attenzione e ci obbligano a compiere continui sforzi cognitivi per comprenderne i significati. Quanto più lo stimolo (il trigger) sarà di immediata comprensione (semplice), tanto più renderà agevole l’effettuazione del compito da svolgere.

Step 6: Cos’è l’attenzione

L’attenzione è una risorsa cognitiva scarsa ed attivata da ciò che il cervello percepisce o crede di vedere. Riguarda i processi attivati del cervello che ci consentono di scegliere gli stimoli utili e/o interessanti e di ignorare tutti gli altri, questo processo viene anche definito ”attenzione selettiva“, in quanto consiste essenzialmente in un’attività di selezione fra gli stimoli da cui generalmente siamo bombardati simultaneamente.

Le caratteristiche degli stimoli che attivano l’attenzione sono: l’intensità, la dimensione, la durata, il contenuto e la novità. La scarsità di attenzione disponibile rappresenta un grande problema per il marketing e la comunicazione perchè si confronta con la quantità crescente di informazioni disponibili. Il gap tra queste due dimensioni è destinato ad accrescersi nel tempo rendendo sempre più importante affinare le analisi su quali sono gli elementi di ancoraggio (parole, forme, concetti, immagini, e altri elementi della comunicazione visiva) che riescono ad interessare la parte inconscia del cervello in un tempo molto breve (less than one second) e a indurre la persona all’approfondimento dei contenuti.

Step 7: Cos’è l’engagement

Si tratta di uno stato cognitivo ed emozionale non osservabile se non con gli strumenti del neuromarketing comprensivo di motivazioni, eccitazione, attenzione e interesse. La fonte del coinvolgimento è abitualmente un oggetto o una situazione specifica che contribuisce a determinare dei comportamenti relativi all’azione di scelta di un prodotto o all’interazione con contenuti informativi e formativi digitali e analogici, finalizzati alle decisioni, alla formazione di opinioni o al semplice entertainment. Le principali cause dell’engagement sono riconducibili a tre gruppi: – le caratteristiche psicologiche delle persone – le caratteristiche percettive degli stimoli – le condizioni ambientali in cui svolge l’interazione.

Step 8: Le tecnologie e le metodologie più utilizzate

Le principali tecnologie del neuromarketing utilizzate per misurare l’attività cerebrale sono: l’elettroencefalografia (eeg) che registra i potenziali elettrici del cervello mediante elettrodi posti a contatto del cuoio capelluto, e altre rilevazioni biofisiologiche (conduttività della pelle, variabilità del battito cardiaco, elettromiografia, elettrocardiogramma, attività elettrodermica, variazioni del volume del sangue), la risonanza elettromagnetica funzionale (fMRI) che misura l’intensità del flusso dal sangue nelle varie aree del cervello attraverso lo scanner MRI, il riconoscimento delle espressioni facciali che permette rilevare le principali emozioni attraverso le loro manifestazioni facciali, la magnetoencefalografia (MEG) che registra le variazioni dei campi magnetici extracranici generati dalle correnti elettriche del cervello, la tomografia ad emissione di positroni (PET) che rileva il consumo di ossigeno e di glucosio da parte di specifiche zone del cervello e l’eyetracking che traccia il movimento dello sguardo.

 

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